
L’INCHIOSTRO metallico era già utilizzato nei papiri di Ercolano. La scoperta, che ne retrodata l’uso di quattro secoli, si deve ad un gruppo di ricerca internazionale coordinato da Vito Mocella dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Imm-Cnr) di Napoli, che ha individuato presso l‘Esrf di Grenoble (European synchroton radiation facility) la presenza di questo tipo di inchiostro in due frammenti.
I papiri di Ercolano sono scampati all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e rappresentano un patrimonio molto ricco: si tratta in pratica dell’unica libreria completa dell’antichità pervenuta quasi integralmente, e contiene per lo più trattati filosofici in greco. Sono estremamente fragili e precedenti tentativi di leggerli li hanno gravemente danneggiati, rendendone così molto difficile la lettura. Ora, il fatto che siano stati scritti con inchiostro metallico ne rende più facile la lettura a raggi X, che evita di metterli in pericolo, srotolandoli.
“Finora si pensava che prima del IV-V secolo d.C. il metallo non fosse presente nell’inchiostro dei papiri greco-romani, infatti la prima miscela ferro-gallica identificata come inchiostro di scrittura di pergamena risale solo al 420 d.C. In seguito, gli inchiostri metallici sono diventati la norma per i documenti della tarda antichità e per la maggior parte di quelli del Medioevo”, ha spiegato Mocella.
Il lavoro dei ricercatori ha permesso di individuare la ricetta precisa dell’inchiostro: nero fumo, gomma arabica e piombo. I ricercatori hanno pochi dubbi: il metallo, hanno detto gli scienziati, è presente in una concentrazione tale che non può essere spiegata da una contaminazione del piombo presente nei sistemi idrici o da un calamaio di bronzo.
Nel 2015 lo stesso gruppo di ricerca aveva già dimostrato che è possibile leggere i papiri di Ercolano senza srotolarli grazie alla tomografia a raggi X a contrasto di fase. La tecnica infatti permette di distinguere tra materiali che hanno limitato contrasto tra loro, come i papiri carbonizzati e l’inchiostro nero. Il prossimo passo sarà quello di ottenere fondi per sostenere una squadra che si dedichi completamente allo studio dei contenuti di questo speciale archivio giunto fino a noi, “per svelare i misteri di questi papiri scritti circa 2.000 anni fa”. La scoperta apre anche nuove prospettive di ricerca per altri reperti archeologici.
La tecnica usata combina diversi metodi di imaging. “Grazie alla potenza di fascio di sincrotrone di Esrf le analisi sono state molto veloci – un decimo di secondo a pixel – il che ci ha permesso di acquisire numerosi dati molto rapidamente e su tutti i campioni”, ha detto ancora il ricercatore. “Abbiamo quindi la certezza della correlazione tra informazione chimica e la traccia visibile delle lettere”.
Allo studio, pubblicato sui Proceeding of National Academy of Sciences of the United States of America (Pnas), hanno partecipato anche l’Institut national de la santé et de la recherche médicale, l’università di Grenoble – Alpes, il Cnrs (Francia) e l’università di Gand (Belgio).